lunedì 2 aprile 2012

Diafanizzazione


Vedere, e far vedere agli altri, lo scheletro di piccoli animali o di animali che hanno un'alta percentuale di cartilagine?

Si puo'.

Il processo non e' troppo complicato e prende il nome di diafanizzazione.
Normalmente per preparare lo scheletro di un pesce, per l'esibizione in un museo o per la pratica didattica, si procede di solito con l'eliminazione delle carni. Processo lungo e difficile che di norma finisce per scomporre completamente lo scheletro. Che va poi ovviamente ricomposto con ovvio dispendio di tempo.

Lo scheletro di un pesce persico preparato da Udo Savalli (ASU)

Queste preparazioni in generale oltre ad essere difficili tendono a perdere tutta una serie di ossa che non formano la parte strutturale dello scheletro, cioe' che non sono connesse direttamente con la spina dorsale o le pinne. I migliori preparati si ottengono con teleostei piu' avanzati, come il persico per esempio, per via delle loro strutture ossee rigide e spesso ben connesse tra di loro.

Ma pesci come gli storioni hanno strutture ossee in parte cartilaginee (Condrostei) e in alcuni pesci l'intero scheletro e' cartilagineo (Condroitti). Alcuni esemplari pur avendo uno scheletro ossificato sono troppo piccoli per essere trattati con comodita' con i metodi classici.


Gia' da tempo venne quindi sviluppata una tecnica che permettesse di non dover eliminare la carne e permettesse di operare su campioni di piccolissime dimensioni.

Questo processo che, lo avrete indovinato, viene definito diafanizzazione, comporta la rimozione delle viscere, del grasso e della pelle per poi immergere i campioni in idrossido di potassio.
Dopo vari bagni in questa soluzione i tessuti perdono i loro pigmenti e si intravedono le ossa sottostanti. A questo punto le ossa vengono colorate con rosso di alizarina, aggiunto alla soluzione.

La preparazione di un campione puo' durare anche alcune settimane, a seconda della difficolta'. Una volta completato il processo il risultato finale puo' essere preservato all'interno di vasi contenenti glicerina. Come tutti i campioni difficilmente durera' in eterno ma sicuramente.

Un'ultima nota curiosa riguarda l'uso di questi pesci colorati. Oltre alla didattica c'e' chi ne ha fatto una forma d'arte, con tanto di esibizioni internazionali e pezzi in vendita. Il giapponese Iori Tomita ha perfino un sito con diverse foto interessanti (sue sono le ultime due immagini di questo articolo) che vi segnalo nel caso foste interessati ad approfondire: "New world transparent specimens".

mercoledì 21 marzo 2012

"Carpe volanti"

L'attuale record mondiale di carpa, Scar, pescata da John Bryan. Quasi 45 chili di carpa. Un record che tutti vorrebbero emulare, ma a quale costo?


Questo articolo e' rimasto in gestazione per troppo tempo ed e' ora di pubblicarlo.
Anche se rischia di alimentare un acceso dibattito ormai sopito sono convinto che sia un bene parlarne e diffondere un'informazione serena e trasparente su una delle questioni piu' controverse del mondo della pesca.

Chi e' esperto di carpfishing sa che questo tipo di pesca, nato, se cosi' si puo' dire, negli anni '80 con lo sviluppo di montature ed attrezzatura specifici, e' un'evoluzione di tecniche di pesca piu' semplici gia' in uso in precedenza.

Questa nuova tecnica ha originariamente come scopo principale quello di selezionare la cattura della carpa rispetto a quella di altre specie. Ma un altro aspetto ricercato dalla maggior parte dei pescatori e' la selezione delle catture di taglia.
La taglia di una carpa "trofeo" e' cresciuta progressivamente negli anni e soprattutto dagli anni '90 a questa parte catturare una carpa "over X kg" e' diventato l'obbiettivo primario; un concetto aiutato e diffuso dai media di settore.

Come le aziende produttrici si sono unite ed hanno contribuito a questa richiesta cosi' hanno fatto anche i laghi di pesca sportiva. Nacque cosi' il bisogno di avere delle carpe di grossa taglia nel proprio laghetto per attirare clienti appassionati di questa tecnica.

Ma queste carpe non sono disponibili per l'acquisto nei vari allevamenti. Il tempo necessario per crescere una carpa fino alla taglia trofeo, anche ai ritmi intensivi degli allevamenti, e' troppo lungo. Oltre che in termini di tempo anche il costo potrebbe lievitare tanto che l'allevatore rischierebbe troppo, e nessuno e' disposto a fare investimenti troppo rischiosi.

Ecco che se la domanda non puo' essere soddisfatta legalmente si trovano strade illegali per farlo. Ecco il problema delle "carpe volanti".

mercoledì 29 febbraio 2012

Lucci siamesi - il sonno della ragione genera mostri


C'e' un meccanismo perverso nella mente umana. Non si sa ne' il perche' ne' il percome ma spesso anche le persone piu' intelligenti spengono il cervello in alcune occasioni.
Sia una questione di comodo o una questione di meccanismo "salvavita" il fatto rimane.

Di esempi di questo fenomeno ne e' pieno il mondo ed il mondo della pesca e dei pesci non fa eccezione. Si fa molto prima a stupirsi di un'immagine e a rispedirla a tutti i propri amici che a chiedersi se questa sia vera oppure no.

A volte, come abbiamo gia' visto, anche l'incredibile puo' essere vero. Occorre quindi tenere sempre la mente aperta a tutte le possibilita' (ma non troppo, o il cervello rischia di cadere) ma occorre ancora di piu' verificare rigorosamente il piu' possibile tutte le informazioni che troviamo, tanto piu' se provengono dalla rete.
Il principio generale e': affermazioni incredibili richiedono prove altrettanto solide.

In molti di voi avranno gia' visto questa fotografia che ritrae un luccio con due corpi ed una testa sola. E' una foto vera? Un fotoritocco? Il prodotto della fantasia, della natura o di una burla ben architettata?

La famosa foto dei "lucci siamesi" che circola in rete ormai dal 2001


venerdì 24 febbraio 2012

Una diga, mille impatti



A che serve costruire una diga?
La risposta è abbastanza facile: accumulare una riserva d’acqua, controllare il regime dei fiumi, creare nuovi spazi ricreativi, eccetera. Non ultimo, il fatto di produrre energia idroelettrica, fonte di per sé assolutamente pulita, priva di emissioni di CO2 o sostanze inquinanti.
Ci sono conseguenze negative che scaturiscono dalla costruzione di una diga?
Facile anche questo, la risposta è sì.
Più in dettaglio: le dighe sono dannose per i pesci o li favoriscono in qualche modo?
Esiste una relazione tra alterazione idrologica e invasioni di specie alloctone?
Perché, spesso, le aspettative relative alla pescosità negli invasi artificiali non trovano un riscontro costante?
Qui di seguito tenteremo di rispondere a queste ed altre domande.

Dato che l’effetto più importante di una diga sul corso d’acqua che la ospita è l’alterazione delle portate, cominciamo con alcuni principi fondamentali che riassumono l’importanza del regime idrologico, cioè l’andamento annuale delle portate di un fiume. I principi sono i seguenti:
1 - Il regime di un fiume ne caratterizza in maniera determinante l’habitat fisico e la composizione della comunità biologica.
2 - Il ciclo vitale degli organismi acquatici è scandito dalle portate dei fiumi
3 - La connettività tra le varie zone di un fiume deve essere preservata
4 - Le alterazioni del regime idrologico favoriscono l’invasione di specie alloctone

I concetti, presi singolarmente, sono abbastanza chiari, ma vediamo di approfondire alcuni aspetti che ne conseguono.

domenica 12 febbraio 2012

Bioaccumulo e biomagnificazione: due miti da sfatare?

Tonno rosso, una specie al vertice della piramide trofica (Foto: Leonardo Muto - Francesco Paolini)

Si dice che la maggior parte delle sostaze tossiche che assumiamo con il cibo provenga dal pesce.
In particolare ci raccomandano di consumare basse quantità di specie come tonno e pesce spada in quanto, trattandosi di predatori al vertice della piramide trofica, si fanno carico di tutte le sostanze che si trovano ai livelli inferiori, accumulandone grandi quantità nei propri tessuti. Questo fenomeno prende il nome di biomagnificazione, vale a dire l'aumento di concentrazione di una sostanza dalla preda al predatore.
Ma è proprio vero tutto ciò? C'è differenza, in termini di tossicità, tra mangiare un chilo di sardine o un chilo di tonno, a parità di qualità delle acque? La differenza senza dubbio c'è, ma è necessario fare delle distinzioni che vedremo tra poco.
Un altro quesito da porsi è se i pesci siano realmente più tossici di altri organismi. Tranne alcune eccezioni, la risposta è sì, o almeno lo sono al pari di altri organismi acquatici. Ciò è dovuto al fatto che il contatto tra i tessuti e le sostanze presenti in acqua è garantito dalle branchie, come vedremo oltre, e dalla capacità di trasporto dell'acqua stessa.
Ultima questione: ma è possibile che questi benedetti pesci si riempano di metalli pesanti, pesticidi e quant'altro in quantità tale da provocare avvelenamenti di massa, come nel celebre caso di Minamata (http://it.wikipedia.org/wiki/Malattia_di_Minamata), ed essi stessi non risentano affatto di tutto ciò?
Continuate a leggere e troverete le risposte!

lunedì 28 novembre 2011

Gyrodactylus salaris - storia di un parassita che ha messo in ginocchio una nazione

Gyrodactylus salaris

Cosa fareste se il futuro della pesca nel vostro paese dipendesse da una decisione drastica?
La storia di oggi e' una storia tragica, una di quelle che non vorreste mai sentire ma che devono essere raccontate e conosciute.

Un "semplice" parassita
Gyrodactylus e' un piccolo organismo vermiforme appartenente ai Platelminti (vermi piatti). Come molti Platelminti anche Gyrodactylus fa una vita parassitaria, nutrendosi della mucosa e della pelle di pesci di acqua dolce. Per farlo si attacca alla pelle dei pesci tramite una ventosa uncinata posta nella parte posteriore del corpo e poi si inarca per mettere in contatto la bocca con la pelle. A questo punto inietta enzimi digestivi che dissolvono pelle e muco per poi riaspirarli e nutrirsene.
E' abbastanza piccolo da non essere visibile ad occhio nudo ma lo diventa quando ci sono parassitosi intense, dato che i grappoli di parassiti appaiono come macche biancastre.
Una matrioska, una bambola russa in legno che ne contiene altre piu' piccole.

Le parassitosi intense avvengono perche' questo organismo funziona come una matrioska, l'adulto si riproduce generando una copia esatta di se stesso, gia' adulta e completamente funzionale. Questa copia (come il genitore) ha gia' dentro di se un'altra copia, pronta a maturare, con all'interno un'altra copia in maturazione e cosi' via..
Distinguere tra varie specie di Gyrodactylus non e' facile nemmeno per gli esperti del campo.
In piccole quantita' e' presente, assieme ad un gran numero di altri parassiti, sul corpo di molti pesci, specialmente i salmonidi e specialmente sui salmoni atlantici (da cui il nome specifico salaris).

lunedì 21 novembre 2011

...Missine!



Poco tempo fa avevamo parlato di lamprede, in un post in cui le definivamo "pesci molto particolari". Anzi, come avevamo precisato, il termine "pesci" va piuttosto strettino a degli animali privi di mascelle, con bocca a ventosa, un'unica narice, pinne pari assenti, gran parte dei quali conduce vita parassitica succhiando il sangue ad altri pesci.
Possiamo tuttavia trovare qualche altra bestiaccia che susciti ancora più disgusto? Certamente! Si tratta, per l'appunto, degli organismi più imparentati con le lamprede tra quelli attualmente viventi: le missine.
Questa classe di agnati è formata interamente da specie marine, distribuite in gran parte dei mari del globo, per lo più a profondità rilevanti. A differenza delle lamprede, non hanno mai colonizzato le acque dolci, in primis a causa dell'incapacità di effettuare l'osmoregolazione: le missine, infatti, sono pressoché gli unici vertebrati isosmotici rispetto al mezzo in cui vivono. In poche parole, il loro corpo presenta lo stesso grado di salinità dell'acqua in cui sono immersi.
Gli occhi delle missine sono strutture fotosensibili molto semplici, incapaci di formare immagini ed utili solo a distinguere la luce dal buio. Altra stranezza tra i vertebrati acquatici, il fatto di aver perso (secondariamente, si presume) l'organo della linea laterale. Lungo i fianchi sono presenti altresì una serie di pori la cui funzione, affascinante ed orribile, sarà spiegata tra poco. Già il fatto che queste creature possiedano un sistema circolatorio dotato di ben cinque cuori è tutto un programma.
Le missine sono animali bentonici, che vivono sul fondo del mare scavando tane nel substrato molle. In genere si trovano gruppi numerosi di missine in sistemi di tane vicine tra loro. L'alimentazione si basa principalmente su invertebrati, pesci morti e cadaveri di varia natura, anche umana. O anche su animali non morti, che magari non si sentono troppo bene, specialmente quando vengono assaliti ed infestati da uno sciame di missine. Non è pertanto corretto definire la missina un parassita, come talvolta si legge: è più propriamente uno spazzino, che occasionalmente sa procurarsi fonti di cibo alternative.

Se un grosso pesce malandato si imbatte nel territorio delle missine, queste gli si avventeranno addosso penetrando nel corpo del malcapitato da tutti gli orifizi disponibili, specialmente le aperture branchiali. A questo punto entra in gioco la funzione dei pori laterali. Da qui infatti viene secreta una sostanza proteica concentrata in grado di assorbire all'istante un'immensa quantità di acqua, producendo così una massa impressionante di muco appiccicoso. Questa capacità "magica" delle missine è valso loro il nome anglofono di hagfish (pesce-strega). Un secchio d'acqua con una missina dentro si tramuta all'istante in un secchio di muco. Qui di seguito potete farvi un'idea di quello di cui sto parlando. Sconsigliato ai soggetti di stomaco sensibile...



La strategia di caccia di questi esseri fantascientifici è la seguente: penetrano nella faringe della preda e la soffocano producendo quantità spropositate di sostanza mucosa, finendo così per ucciderla e divorarla dall'interno. Come visibile nel filmato, queste secrezioni hanno anche una funzione difensiva, ma non è finita qui.
Il video presso questo link mostra sia l'efficacia dell'esplosione istantanea della massa mucosa contro i predatori, sia l'utilizzo della stessa per la cattura attiva di una preda affossata nella sabbia, la quale viene letteralmente soffocata dall'esterno:

http://www.inkblood.net/article-video-c-est-du-slime-de-myxine-87475302.html
 

Perfino le feci fuoriescono avvolte in una capsula mucosa, la cui funzione rimane ancora sconosciuta.
Nonostante prive di mascelle, le missine sono dotate di acuminati denti cornei in grado di strappare brandelli di carne. Come visibile in foto d'apertura, questi denti poggiano su una placca cartilaginea mobile simile ad una mandibola. La bocca è circondata da una sorta di tentacoli carnosi.
Una curiosità ulteriore è la capacità di agganciarsi alla preda e stapparne un pezzo annodandosi su se stesse e facendo leva sul proprio corpo. La stessa tecnica viene usata per liberarsi dalla presa di un predatore:



Nonostante tutto, le missine sono apprezzate in tavola in diversi paesi del mondo. Buon appetito...